Chi siamo


L’Associazione Fer.Vi.cr.eDo. – Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere nasce a Venezia nel 1999 sull’onda di una reazione emotiva ad un grave fatto, ultimo di una serie di episodi criminosi che hanno sconvolto il Veneto nell’ultimo decennio del Novecento.
Una volante della Polizia di Stato in servizio di pattugliamento a Marghera ferma per normale controllo un’auto sospetta. Gli occupanti dell’auto estraggono armi da guerra e con un impressionante volume di fuoco, colpiscono  i tre componenti della pattuglia.
Nell’attentato uno dei poliziotti viene colpito ripetutamente all’addome e rimane in vita ma resta inchiodato ad una sedia a rotelle. Un altro, colpito al cuore, sopravvive per miracolo ed il terzo rimane incredibilmente illeso.
L’età media dei tre poliziotti è di 24 anni.
Per i tre ragazzi inizia un autentico calvario, fisico e morale. Segnati per sempre nel corpo e nello spirito, iniziano a rendersi conto che nemmeno per loro, difensori della legalità dello Stato, esistono automatismi, uffici preposti efficienti e ben informati, persone preparate per aiutarli a districarsi nei dedali della burocrazia e della giurisprudenza.
Se vogliono avere un sostegno, un aiuto, un minimo supporto economico devono compilare moduli su moduli, fare domande su domande, aspettare mesi, anni per vedersi riconosciuta una pensione o un minimo di indennizzo.
Ed è solo grazie all’aiuto spontaneo e volontario di colleghi ed amici, nato appunto sull’onda della reazione emotiva, che riescono con incredibile fatica a vedersi riconosciuti i propri diritti.
Accomunati dalla drammatica esperienza, i tre colleghi si ritrovano, discutono, parlano ad altri della loro situazione.
Vengono a conoscenza di altri fatti inquietanti, uno tra tutti l’uccisione nella stessa zona di Marghera, 5 anni prima, di due bambini falciati da un’auto. L’autista risulterà poi essere sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Si solleva così il coperchio di una realtà inquietante.
I giovani poliziotti pensano: “Se noi difensori dello Stato e quindi almeno teoricamente già coperti da ben determinate tutele, abbiamo dovuto lottare così tanto per ottenere qualcosa, quale realtà potrà mai presentarsi di fronte agli occhi di tutte le Vittime anonime della criminalità?”
La realtà della Fer.Vi.cr.eDo. si caratterizza subito,  quindi, non in una mera difesa degli Operatori delle Forze dell’Ordine ma in una prospettiva più ampia che possa coinvolgere chiunque, operatore specifico, militare, civile, sia venuto a contatto con la brutalità del crimine in ogni sua manifestazione.
Dalla domanda “chi aiuterà le Vittime”? nasce quindi l’Associazione, attorno alla quale si ritrovano ben presto sia Appartenenti alle varie Forze dell’Ordine che civili, Vittime di crimini di varia natura, familiari di persone cadute per mano criminale e cittadini comuni che si ritrovano negli ideali di solidarietà, di ascolto, di sostegno e di trasmissione della memoria che l’Associazione si prefigge.
Il nome Fer.Vi.cr.eDo, acronimo di “Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere”, racchiude in sé la nostra spinta ideale: 
FERVI(damente) CREDO nella solidarietà, nel giusto risarcimento alle Vittime, nell’impegnarsi affinché queste non siano dimenticate e nella speranza che tutto ciò possa costituire un insegnamento per gli altri.
Rendere quindi concreto uno dei valori cardini della nostra società: la solidarietà.
Ispirandosi a questo principio, ritenendo che una società realmente matura e con una forte cultura della legalità non possa non curarsi delle Vittime inermi della criminalità e dei loro familiari, credendo nello spirito concreto del volontariato, l’Associazione si propone di aiutare chiunque abbia bisogno di sostegno per riprendersi dai traumi connessi ad azioni criminali.

Da qui nasce il motto “La forza di ri-vivere”.

Fer.Vi.cr.eDo. si propone inoltre di creare contatti con altre Associazioni di volontariato, ordini professionali, con il mondo del lavoro e della politica per tessere una rete di sostegno che possa intervenire in ogni situazione in cui siano in gioco i diritti dei soggetti resi deboli e indifesi dal loro nuovo status, non certo volontario, di “Vittima”.