Venezia 12 Aprile 2019
“20 anni di Fervicredo il convegno”
“Offrire attraverso il ricordo un tributo di riconoscenza a quanti in questo Paese hanno versato il loro sangue per difendere i cittadini e affermare la legalità in tutte le sue forme, e contribuire a trasmettere ai più giovani, attraverso la memoria viva di alcune vittime superstiti e familiari, la passione e la cultura della legalità”. E’ questo il duplice senso che Mirko Schio, Presidente e Fondatore della Fervicredo, ha voluto dare al convegno tenuto a Venezia per celebrare la fondazione, nel maggio del 1999, dell’Associazione dei Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere. Mirco Schio ha ripercorso le motivazioni storiche che hanno portato alla nascita dell’associazione, con il duro tributo di sangue pagato dalle Forze dell’Ordine durante gli anni di piombo e la stagione del terrorismo politico ed eversivo. Un bilancio di 370 morti, 197 vittime di agguati terroristici, 38 caduti negli scontri, 135 persone dilaniate dalle bombe. Dati a cui si aggiungono più di mille feriti. E poi la stagione delle stragi, i 200 morti per mafia tra il 1990 e il 1995. Uomini e donne in divisa che hanno pagato un prezzo altissimo nella battaglia contro la criminalità, ma anche chi ha versato il proprio sangue per soccorrere le popolazioni colpite da calamità naturali come i Vigili del Fuoco. L’Associazione Fervicredo, partendo da una città come Venezia, ferita dalla violenza politica ma anche dall’attività criminale di pericolose organizzazioni come la mafia del Brenta, ha da subito voluto promuovere la memoria e il ricordo delle Vittime, ma anche sollevare la propria civile ma ferma protesta per rimettere in primo piano le Vittime e non i carnefici, o per denunciare le troppe disattenzioni da parte delle istituzioni e della politica. “In questi venti anni – ha detto Mirko Schio – molte cose sono cambiate in meglio, sia dal punto di vista dell’assistenza alle Vittime, sia per quanto riguarda il valore della memoria e del ricordo, la strada è ancora lunga, ma con la volontà e l’impegno di tutti riusciremo ad arrivare al traguardo”. Al convegno, moderato dal direttore dell’agenzia AdnKronos Gian Marco Chiocci, sono intervenuti tra gli altri il magistrato Alfredo Mantovano, ex sottosegretario e attuale vice presidente del Centro Studi Livatino, il sociologo Gianfranco Bettin, il capo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco Fabio Dattilo, il Vice Presidente Nazionale del sindacato Fsp-Polizia di Stato Franco Maccari, fondatore della Fervicredo, lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi e il Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli. Per Franco Maccari sono “ancora attuali le motivazioni che ci hanno spinto 20 anni fa a dare vita alla Fervicredo, ma soprattutto anche la determinazione, la rabbia in qualche caso. Molte cose sono cambiate, ma se abbiamo avuto bisogno di creare una associazione per cambiare la normativa o renderla realmente efficace vuol dire che la realtà è ancora difficile. Stiamo parlando di persone che hanno dato la vita o la propria integrità fisica per servire lo Stato, e molto deve essere ancora fatto per fare applicare o migliorare la tutela delle Vittime. Il merito della Fervicredo è stato soprattuto quello di dare voce a chi negli anni si è chiuso nel dolore. Molte non sono vittime eccellenti, troppi casi non hanno trovato neanche lo spazio della cronaca locale per un giorno. Noi abbracciando tutte queste categorie ci accolliamo un onere non indifferente, quello di sostenere un uomo o una donna che spesso troviamo emarginati e soli davanti alle lungaggini burocratiche, costretti a rincorrere per ottenere un proprio diritto, intrappolati in questi meccanismi. Noi vogliamo porre l’attenzione sulle Vittime, sui loro nomi, di fronte ad una società che tende a mitizzare gli eroi negativi. Questo Paese deve ricordarsi che i simboli sono fondamentali, perché tramandano ai propri figli i valori, le idee, i sacrifici, gli eroismi e le importanti azioni quotidiane. Oggi chi è stato un delinquente viene ricordato, mentre nessuno ricorda i nomi delle vittime, di chi in nome del Dovere ha pagato un prezzo altissimo. Ecco, noi esistiamo anche per conservare la loro memoria e dare loro la dignità”. “I criminali diventano un modello – ha evidenziato il criminologo Saluzzi – perché la società è profondamente malata, ma anche perché le autorità dello Stato spesso irridono i propri Servitori, anziché difenderli, risarcirli e valorizzarli”. Per il Capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha concluso i lavori del convegno, “bisogna affermare l’importanza della memoria, l’importanza di ricordare chi in nome dei valori di legalità e di giustizia ha sacrificato la vita o è ha visto la sua vita particolarmente segnata da atti criminali, siano essi stati di natura terroristica, o di criminalità organizzata o di altro genere. E’ opportuno sottolineare il merito di chi in questi anni ha ricordato a volte ad una società civile e alle istituzioni un po’ distratte che ci sono persone che portano ancora i segni sul proprio corpo e nella loro vita di questa dedizione, di questo spirito di servizio, di questo senso del dovere. Le Vittime del Dovere non sono pietre d’inciampo, ma continui moniti. La memoria è la modalità con cui si afferma la legalità”. Gabrielli ha quindi concordato con l’ex sottosegretario Mantovano, che in apertura del dibattito aveva evidenziato la necessità di perfezionare i meccanismi di risarcimento, e di creare una “univoca e generale disciplina di tutela delle vittime dei reati”, una materia su cui si è sempre legiferato sull’onda emozionale suscitata da gravi fatti di cronaca. “Occorre armonizzare la normativa – ha spiegato il prefetto Gabrielli – perché molto spesso gli interventi sono nati sulle ali di fatti emozionali, di emergenze, oggi forse è arrivato il tempo di far sì che tutta questa materia abbia una disciplina unitaria, anche riconoscendo la specificità di situazioni che hanno esiti particolari. Ma soprattutto bisogna affrontare il tema delle risorse, perché al riconoscimento del danno possa seguire l’effettivo risarcimento. Su questa materia il legislatore deve mettere un po’ di chiarezza, perché credo che la cosa più oltraggiosa per chi si è distinto in gesti di eroismo o espressione di senso del dovere è quella di dover continuamente chiedere per vedere riconosciuti i propri sacrosanti diritti”. Gabrielli ha quindi sottolineato il valore identitario della divisa e la contrarietà all’ipotesi di unificazione dei diversi corpi: “Chi veste la divisa non veste solo un capo di abbigliamento, ma un portato di sapere, di esperienza, di tradizioni, e soprattutto il lascito di chi ha indicato una strada e come percorrerla, i caduti della Polizia, dell’Arma, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria, di tutti coloro che in divisa servono il loro Paese. A volte si è immaginato che tutto questo possa rappresentare un dispendio di energie e di risorse, e ciò è vero se non si trova una sintesi in un coordinamento efficace e reale, se si generano duplicazioni e sovrapposizioni, ma siccome nel nostro sistema ci sono due Autorità che rappresentano la sintesi, e sono l’Autorità giudiziaria e l’Autorità di pubblica sicurezza, credo che questa preoccupazione in qualche modo venga meno”. Infine il prefetto Gabrielli si è scagliato contro i “cattivi maestri”: “Io ritengo che chi ha sbagliato abbia il diritto di redimersi. Ma ciò che non è sopportabile è che persone che si sono macchiate di delitti molto gravi e spesso non hanno fatto abiura di ciò che hanno compiuto, producendo danni al Paese e alle persone, salgano in cattedra e vogliano raccontarci una storia diversa, offuscando anche la memoria di chi, stando dalla parte giusta, ha pagato con la vita questo delirio e questa loro scelta di morte. Lo ritengo non sopportabile, non giusto non solo per coloro che hanno pagato con la vita come tanti colleghi, magistrati e giornalisti, ma anche nei confronti di una società e del nostro essere una democrazia che ha vinto questa scelta di morte. Queste persone hanno sbagliato, non le poniamo fuori dal consorzio sociale, ma non vengano a farci la lezioncina”. Numerose ed emozionanti le testimonianze di Vittime del Dovere e di loro familiari, presentate dal giornalista Gianluca Versace. Sul palco l’imprenditore Donato Agnoletto, sopravvissuta ad un tentativo di rapina, Luigi Elefante, figlio di un Carabiniere caduto in servizio, Maurizio Campagna, fratello di un Poliziotto ucciso dai terroristi guidati da Cesare Battisti, Silvio Busato, poliziotto ferito insieme a Mirko Schio, Marina Orlandi, moglie del giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Brigate Rosse. Ad accompagnare i lavori del convegno l’Orchestra degli Studenti di Venezia “Marco Polo”.
Per gentile pubblicazione.
Fervicredo
Associazione Onlus
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