Marghera, 26 giugno 2012
Uccisione in Afghanistan del carabiniere scelto Manuele Braj, il cordoglio di Fervicredo: «Siamo vicini alla famiglia e a tutti i militari in missione, le istituzioni non li abbandonino perché difendono la sicurezza di tutti»
Fervicredo – Feriti e vittime sella criminalità e del dovere esprime il più sentito cordoglio per l’uccisione di Manuele Braj, il carabiniere scelto morto ieri in un attentato in Afghanistan. Braj, 30 anni, originario di Galatina (Lecce), prestava servizio al 13° reggimento a Gorizia, dove viveva con la moglie e il figlio di 8 mesi. A ucciderlo un razzo sparato contro la base di Adraskan, dove i militari italiani stanno addestrando la polizia afghana. «Purtroppo si continua a morire nelle missioni all’estero, che siano di guerra o di pace, così come si continua a morire in Italia, difendendo lo Stato e la sicurezza di tutti i cittadini – commenta Mirko Schio, presidente di Fervicredo – ogni uomo o donna che sacrifica la vita svolgendo il proprio lavoro merita lo stesso rispetto e lo stesso affettuoso pensiero. Noi di Fervicredo siamo vicini alla famiglia di Manuele Braj, così come ai due militari rimasti feriti nello stesso attentato e ai loro cari, e confidiamo nel fatto che le istituzioni facciano il loro dovere, sostenendo come sempre i parenti delle vittime del dovere, che devono fare i conti con l’immenso dolore della perdita ma pure con tanti problemi concreti che possono gettare nello sconforto». Fervicredo, associazione senza fini di lucro né orientamento politico, dal 1999 è a fianco di tutte le vittime di ogni tipo di criminalità con una sola parola d’ordine a fare da bussola: solidarietà. «Ancora una volta noi restiamo fuori dal dibattito e dalle polemiche tra chi sostiene l’opportunità di ritirare i nostri militari dalle missioni internazionali e chi invece ne difende la presenza – conclude Schio – bisogna solo tener presente che chi presta servizio all’estero lo fa per tutelare non solo la sicurezza del Paese in cui opera, ma anche la sicurezza dell’Italia, di cui comunque tiene alto il nome avendo messo a disposizione la propria vita. Per questo merita il nostro massimo cordoglio. A maggior ragione in questa vicenda, che ha coinvolto carabinieri che in Afghanistan istruivano la polizia locale a tutelare autonomamente il proprio territorio, portando loro le competenze e l’esperienza che tanti invidiano alle nostre forze dell’ordine».
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